Il calcio e il calciomercato, forse, non sono e non saranno più come li abbiamo conosciuti fino a questo momento. Partiamo da un dato, dall'ultima estate: il trasferimento più oneroso è stato Julian Alvarez dal Manchester City all'Atletico Madrid ed è costato ai Colchoneros 75 milioni di euro complessivi. Dall'ultima sessione di mercato, solo un trasferimento si inserisce tra i 50 più onerosi di tutta la storia del pallone, in una flessione che sta diventando sempre più evidente.
Se consideriamo i dieci acquisti più costosi della storia, solo tre risalgono all'era post Covid e sono stati effettuati tutti da club della Premier League. Si tratta di Enzo Fernandez dal Benfica al Chelsea, di Declan Rice dal West Ham all'Arsenal e di Moises Caicedo dal Brighton al Chelsea. Questo se consideriamo chiaramente i costi vivi e non i bonus accessori di un affare, però se allarghiamo ai venti più costosi, e guardiamo fuori dall'Inghilterra, ecco che troviamo solo tre nomi: Jude Bellingham al Real Madrid dal Borussia Dortmund, Harry Kane dal Tottenham al Bayern Monaco e Neymar dal PSG all'Al Hilal.
L'avvento delle proprietà americane
Prendo spunto da un lungo editoriale dell'amico Gabriele Marcotti su ESPN per aprire la finestra su questo nuovo scenario, le cui cause sono certamente molteplici e concatenate. Non si tratta di una sola tessera del domino ma di una lunga serie di fattori che sta portando il calcio a una (forse) stagione di spending review tra necessità e virtù e a una differenziazione di costi e investimenti. La stella da sola non basta, i fondi americani stanno tracciando una nuova strada fatta di investimenti sugli impianti e al contempo sullo scouting e sul recruitment. La recente storia del calcio ha dimostrato che non si vince solo coi Galacticos, che non si raggiungono i propri obiettivi solo se prendi e strapaghi i migliori, ma anche se riesci a investire in giocatori funzionali al tuo progetto tecnico e tattico. Scendendo di uno scalino, ma questi sono il Sacro Graal anche per le proprietà più ricche, società come Atalanta, Brighton e RB Lipsia sono diventate quasi un'ossessione per gli americani, oramai proprietari di gran parte dei club di livello in Europa.
Il Fair Play e il Fair Play inglese
Altri fattori, non solo la differenziazione degli investimenti e la consapevolezza che certi acquisti da soli non bastano. Due esempi: il Paris Saint-Germain di Lionel Messi e Neymar, per esempio, ma anche l'all-in della Juventus con Cristiano Ronaldo sono strade che non vediamo e probabilmente non vedremo più. Le eccezioni ci saranno sempre, beninteso, ma non sarà più una costante ma una rarità. Anche perché il Fair Play Finanziario della UEFA è stato un fattore sempre più dirompente in questi anni e, ancor di più, quello della Premier League che ha di fatto calmierato costi e spese anche per i club britannici. Per farla breve: per la UEFA, un club non può spendere più del 70% delle entrate per trasferimenti, cartellini e commissioni dalla prossima stagione. La Premier League ha introdotto la soglia di perdita massima consentita fissata a 105 milioni di sterline in tre anni, coi bilanci monitorati costantemente nel triennio (e le multe a Everton e Nottingham lo confermano). C'è poi il caso del Manchester City a far storia a parte, qui si parla di violazioni sul bilancio sui rapporti costi/spese/ricavi e i rischi sono ancora più grossi (la retrocessione in Championship). Nonostante questo, i Citizens continuano a investire e a costruire il futuro ma indovinate come? Non con stelle da 100 milioni ma pagando, profumatamente, diciottenni o giovani talenti, come Khusmanov dal Lens, Vitor Reis dal Palmeiras o Omar Marmoush dall'Eintracht.
Il capolavoro del Napoli e la difficoltà di vendere
Per questo, per tutti questi motivi, la cessione multimilionaria di Kvicha Kvaratskhelia dal Napoli al Paris Saint-Germain è l'eccezione e va in controtendenza rispetto al trend degli ultimi mesi. E' un fattore che tutte le società europee e anche italiane dovranno mettersi bene in testa. Non sarà più semplice che i gioielli vadano via ai prezzi degli anni passati. Le valutazioni pre Covid a cui sperano sempre di arrivare i nostri club, sono un ricordo passato. Adesso le società inglesi hanno la scure del Fair Play interno, il Real Madrid e il Barcellona fanno storia a parte ma non fanno follie se non per pochi obiettivi mirati e il PSG è una sola isola felice dove cedere. Ma tutte le big stanno riducendo i costi, invece che aumentarli. Tantissimi campioni stanno andando a zero, la rosa del Bayern Monaco è uno degli esempi più importanti. Spending review e investimenti per il futuro. Siamo a un giro di boa, a una nuova era. I club italiani farebbero bene a capirlo adesso, prima di restare indietro.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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