Quando sulla panchina di una Nazionale si alternano ben 4 tecnici in meno di un anno, è evidente anche per chi non segue da vicino quella particolare squadra che ci possa essere un problema alla base. L'esonero di Meho Kodro - che ancora non si è voluto esprimere pubblicamente dopo quanto accaduto - dalla Bosnia dopo appena due partite (delle quali una vinta) e appena 5 allenamenti svolti ha suscitato grandi critiche all'interno del Paese.
Ai microfoni di SPORTITALIA è intervenuto per parlarne il difensore Ervin Zukanovic, il quale non le ha mandate a dire né alla Federazione locale, né tantomeno all'ex compagno, capitano e simbolo della Nazionale, Edin Dzeko. Zukanovic - che oggi gioca all'Asteras Tripolīs, in Grecia - inoltre ha raccontato alcuni aneddoti legati alla sua carriera in Italia, dove ha vestito le maglie di Chievo, Sampdoria, Roma, Genoa ed Atalanta.
Ervin, non possiamo che partire dal parlare di ciò che è successo con l'ormai ex ct della Bosnia, Kodro: esonerato dopo 2 partite e appena 5 allenamenti. Che ne pensi?
"Attorno alla Nazionale della Bosnia Erzegovina c'è una situazione un po' particolare, forse ci vorrebbe un'intervista un po' più lunga, a parte. Ma qualcosa va detto".
Prego.
"Per essere precisi e diretti: lì decidono delle persone all'interno della Federazione che non sono mai state nel mondo del calcio, non adeguata. Mi dispiace molto per Kodro perché è la seconda volta che gli fanno questo, un trattamento senza alcun rispetto".
In Bosnia c'è chi vorrebbe una maggior presa di posizione dei senatori, come Dzeko: che ne pensi?
"Edin conosce bene il mio atteggiamento ed il mio pensiero nei confronti della Nazionale, su cosa sta succedendo lì. Sa anche quali sono le sue responsabilità: noi tifosi ci aspettiamo molto di più da lui, soprattutto ci aspettiamo di più fuori dal campo. Perché alcune cose sono inaccettabili".
Venendo al campo, Edin lo scorso anno è stato decisivo in Champions: con il senno di poi (ed in mezzo il caos-Lukaku) avrebbe potuto dire la sua un anno in più in Italia?
"Sicuramente poteva giocare un anno in più nell'Inter, ma non credo che dipendesse da lui: questa è stata una decisione della società".
Veniamo a te: che ricordo hai dell'estate in cui venisti in Italia?
"Per tornare ai discorsi di prima: prima dell'Italia penso all'estate 2014, quando andammo al Mondiale. Certe persone mi negarono di sapere che i giocatori che non avevano disputato minuti nelle partite precedenti alla manifestazione (la Bosnia giocò delle amichevoli in Usa e lui ebbe problemi per la mancanza di un visto, n.d.r.) se ne sarebbero dovuti andare. Ed era il sogno di ogni giocatore...".
Smaltita la delusione, il trasferimento al Chievo: quella stagione ed un gran gol su punizione cambiarono la tua carriera?
"Ero forte mentalmente e di carattere, sapevo che qualcosa di buono mi aspettava. Sono andato a Verona, dove ho potuto mettermi in gioco e vedere se potevo confrontarmi con i migliori calciatori. Ho lavorato duro, ho appreso un nuovo stile di gioco ed ho imparato rapidamente le tattiche dell'allenatore".
E di Verona che ricordo hai?
"Verona è la mia città preferita in Italia, mi sono trovato benissimo con la mia famiglia a vivere lì, quella stagione".
Prima della Sampdoria si parlò del tuo possibile arrivo all'Inter: quanto sei stato vicino ai nerazzurri?
"Molto, avevo un accordo con l'Inter e Mancini in quel periodo mi voleva tantissimo".
E poi?
"Non so cosa sia successo: in quel periodo l'Inter aveva problemi di Fair Play Finanziario e non se ne fece nulla".
A Genova ci sei passato due volte.
"Un'altra bellissima città e con grandi piazze calcistiche. La vita a Genova è completamente diversa rispetto a Verona: mare, clima molto buono tutto l'anno...".
Ed un derby particolare: è 'caldo' quanto quello romano?
"Il derby della Lanterna è sicuramente uno dei più belli d’Italia. Sono felice di averne fatto parte".
A Roma sei arrivato assieme a Spalletti, dopo l'esonero di Garcia: è speciale, Luciano? A Napoli sembra mancare...
"Sicuramente Spalletti ha dimostrato di essere attualmente il miglior allenatore d'Italia, non a caso guida la vostra Nazionale. E' stato colui che mi ha portato in giallorosso...".
L'avventura però durò poco.
"Sì, non ero felice perché il mio status nella rosa era stato definito fin dall'inizio: mi era stato detto subito che sarei stato il terzo difensore. Per quello poi sono andato via: volevo giocare di più. Non sono uno che ride facendo finta di niente, come se andasse tutto bene, quando non sono contento".
Altro breve prestito, all'Atalanta di Gasperini: cosa ti ha colpito del suo modo di lavorare?
"Gasperini è un ottimo allenatore e lo ha dimostrato con il suo lavoro all'Atalanta in questi anni: sono felice che una società come l'Atalanta stia facendo grandi cose. Ho un bellissimo ricordo di Bergamo, mia figlia è nata lì e la gente del club è di un ottimo livello".
In Turchia hai conosciuto Farioli, di cui si dice un gran bene: diventerà un allenatore di prima fascia?
"Il mio amico Farioli è l'allenatore a cui mi ispiro di più e del quale mi piace di più la filosofia. Un tecnico che vuole mantenere il possesso della palla costant, con tanti passaggi. Penso che un giorno vorrei allenare anche io con questo stile. E sì, può diventare un grande allenatore e sono sicuro che non tradirà il suo modo di lavorare, perché tende al calcio moderno. Oggi è la cosa più importante".
Dunque stai già pensando al "dopo"?
"Beh, sì ci ho pensato. Non mi dispiacerebbe, un giorno, studiare da altri allenatori e sedermi in panchina".
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