E' vero che ormai si pensa già al campionato, che non c’è tempo per godersi le vittorie, per poterle analizzare che già il calendario ti porta ai successivi impieghi dei club. Ma l’argomento Nazionale non è un argomento che possiamo trattare soltanto durante le pause (nostre e in generale del campionato).
L’attenzione che giustamente catalizza durante le grandi manifestazioni non può calare drasticamente durante il percorso di avvicinamento a Europei e Mondiali o durante la Nation League.
E’ ovvio che non hanno lo stesso appeal. E quindi anche le partite possono avere dei significati diversi. Ecco perché allora quello che interessa è capire come stiamo noi. Non rispetto agli altri, ma in assoluto.
Rispetto agli altri lo sappiamo. Di azzurro non veste nessun campione mondiale. Al momento nessuno che possa vincere il pallone d’oro. Ma questo non significa che non ci siano buoni giocatori.
E quello che ora sta facendo Spalletti (come in precedenza aveva fatto Mancini) è dare a questa squadra un’identità forte. Sopperire all’individualità con il collettivo. E se il collettivo è composto da ottimi giocatori, il valore dell’Italia avrà un vantaggio esponenziale.
E’ sempre stata questa, nella sua storia di allenatore, la filosofia del nostro CT. E’ ovvio che tutti devono essere interconnessi fra loro, altrimenti l’impalcatura non regge. Le qualificazioni agli ultimi mondiali non sono arrivate però perché l’Italia non era abbastanza forte. Ma anche - se vogliamo - l’Europeo non brillante targato Spalletti. non sono arrivate perché l’Italia ha reso sotto i suoi standard e sotto le proprie aspettative. Per mille motivi, per mille ragioni. Ma non per colpa di una qualità che non è più quella di una volta.
Dove è finito il talento ce lo siamo chiesto molte volte.
E questo è sicuramente un interrogativo che si deve porre soprattutto il presidente federale, per fare le benedette riforme e favorire la crescita dei nostri calciatori. Ma il talento che abbiamo già basta per fare una buona figura. E se le cose si incastrano bene anche per arrivare fino in fondo.
Con un progetto, appunto. Da mandare avanti con la piena disponibilità dei giocatori. Ecco perché non bisogna sottovalutare le ultime due prestazioni azzurre. Si è visto uno spirito corporativo diverso. Sia nel pareggio contro il Belgio (dove l’espulsione e il gol subito in contemporanea hanno sicuramente indirizzato la gara) sia nella vittoria contro Israele. I buoni segnali ci sono e sono tanti. Tanti quanto i buoni giocatori, in ogni reparto. Alcuni più forti degli altri. E con alcuni di loro si può reggere anche il confronto con i big europei. Questa Nazionale forse non avrà talento da vendere, ma da vendere può avere il coraggio, la determinazione, la lettura tattica, la voglia di stupire. Premiare il lavoro è sempre stato un grande obiettivo di Spalletti. Che da questo punto di vista non è così dissimile da Mancini, per la ricerca del talento.
C’è voglia di lasciare il segno, voglia di ripagare la fiducia degli italiani. Perché il brutto cammino Europeo ha lasciato degli strascichi nell’anima di Spalletti e probabilmente anche in quella dei giocatori. E c’è voglia di riscatto.
Si vede, si percepisce, si nota. E’ un’Italia che sta crescendo giorno dopo giorno, nel modo migliore. Pronta ad andarsi a prendere il posto che merita nel panorama internazionale. Con le sue nuove armi: meno estro (probabilmente) ma più organizzazione, più squadra.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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