Milano è completamente differente da Roma. Come modo di vivere, come intenzioni, come capacità di vivere il calcio. Più aristocratica Milano, più rumorosa Roma. Eppure stanno vivendo la stessa crisi, con un minimo comune denominatore. Forse addirittura massimo: una proprietà americana che crede di potere fare pallone come il football. Con i dati, con lo showbiz, con il caro biglietti. E soprattutto non tenendo conto dell'idea della tifoseria perché, come direbbe Antonio De Curtis, perché "io so io e voi..." non finiamo la frase.
Lo ha fatto Zlatan Ibrahimovic, prima del Liverpool. Dopo essere stato colto in fallo, con l'assenza dopo la mancata vittoria contro la Lazio, il Milan ha sì battuto il Venezia. L'avversario però era una vittima sacrificale e una vittoria dopo quattro partite avrebbe fatto suggerire una risposta di circostanza. Invece, come nel finale di una puntata dei Simpson in cui un certo videogioco suggeriva cautela, Ibra ha aperto l'acceleratore e ha utilizzato potenza massima. "La palla è dentro. Il parcheggio". Ecco, il Milan è stato parcheggiato dal Liverpool in una gara che sembrava potesse dare qualche gioia, con il vantaggio subitaneo di Pasalic. Ora pagherà per tutti Fonseca, che è sicuramente colpevole, ma forse meno degli altri. Perché, come Rudi Garcia un anno fa, le scelte le fa chi decide, non certo chi si propone e che spera di arrivare a un determinato obiettivo. Se Fonseca è inadeguato perché è stato scelto lui? E se non c'era l'intenzione - come non c'è - di proteggerlo in tutti i modi, perché puntare su di lui con la sicumera classica di chi sbatterà contro il muro? Anche Maldini ha fatto tanti errori nei primi anni, poi è cresciuto con l'esperienza. Ibra probabilmente farà lo stesso. Da capire se vorrà farlo.
Chi non parla è Lina Souloukou, finita nell'occhio del ciclone dopo la scelta Daniele De Rossi. Un allenatore a cui è stato rinnovato il contratto per tre anni non più tardi di due mesi fa. Core de Roma, inizio peggiore di quello di Fonseca, forse paga il volere dare qualcosa di più ai romani e ai romanisti, di raggiungere a tutti i costi i suoi scopi. Quindi discreta guerra su tutti i fronti, in particolare sul mercato. Inimicandosi chi decide e che ha un potere vero all'interno del club. Fa niente se Florian Ghisolfi non risponde alle telefonate degli agenti (di quasi nessuno, per non parlare dei giornalisti) e di fatto pare un direttore sportivo di facciata. La questione Dybala è paradossale, perché è il contratto più bello del mondo: nemmeno io sarei andato in Arabia perché già a Roma guadagna discretamente e, di fatto, c'è anche una vita fuori dal calcio. Dybala è un peso economico per la Roma, ma in campo non ci va la Souloukou con il bilancio oppure i Friedkin con l'aereo, ma i calciatori. Se togli i migliori al tuo allenatore è normale che quest'ultimo alzi la testa, a meno che non sia in grado di distinguerne il valore.
La sensazione quindi è che per tutte e due le squadre ci sia una proprietà poco avvezza al calcio europeo, ma anche una dirigenza che è costretta a rendere conto con i soldi e che di gavetta ne han fatta ben poca. Sta succedendo quello che è già capitato in un'altra piazza italiana, Bologna, finché Saputo non ha deciso di consegnarsi a chi il mercato e i conti li sa fare per davvero. Anche perché tutto passa dai risultati ed è il bello e il brutto del calcio. Tutti possono parlare e vantarsi, poi però è il campo che decide chi ha fatto cosa. I distinguo ci possono essere ma, al contrario della politica, chi porta i fatti spesso vince. Magari non sempre ma lo fa spesso. Sarebbe bello dare più peso alle vittorie, ma sembra che ognuno lotti per un privilegio più personale che non per il bene della squadra.
Spesso si fanno scelte che però fanno più male che bene. Guardate la FIFA. Ieri Infantino ha dovuto organizzare una riunione perché non si sono ancora trovati i soldi dei diritti televisivi del Mondiale per Club. Ora però una domanda: pensate di dovere mangiare il vostro piatto preferito ogni giorno, per un anno. Il primo mese ti può piacere, poi subentra la fase della stanchezza e infine del rifiuto, volendo provare qualcosa d'altro. Chi decide non ha ancora capito che continuare ad alimentare questa bulimia di calcio giocato, ogni giorno, a qualsiasi ora, tanto che oramai è anche difficile seguire tutto, è controproducente. Diventa un lavoro non divertente. Va bene, siamo in 8 miliardi su questa Terra ed è giusto che il campionato italiano si veda anche in Giappone o in Cina. Ma noi - come Serie A - abbiamo avuto il nostro momento di gloria e invece di sfruttarlo facendo scelte corrette per cercare di rimanere con la barra dritta abbiamo buttato via tutto con miliardi di debiti, buchi e voragini, club che hanno differenze enormi di forza e impossibili da appianare allo stato attuale. Se non c'è competizione la gente si stanca. E anche l'indiano, se può guardare Arsenal-Tottenham oppure Lazio-Roma sceglierà sempre la prima. Stadi pieni, gioco veloce, divertente e coinvolgente.
Tornando sulla FIFA, c'è una frase chiara di Rodri dei giorni scorsi che fa riferimento a uno sciopero. "Punto di rottura? Sì, e penso che ci siamo vicini. Penso che tutti i giocatori abbiano la stessa idea, chiedete a chi volete. Arriverà un momento...ma non so cosa succederà. È qualcosa che ci preoccupa. Io posso parlare solo di Spagna e City. Ma è qualcosa di cui siamo preoccupati. Ovviamente, la situazione non è uguale per tutti, perché non tutti arrivano a giocare 60-70 partite stagionali, ma l'idea è condivisa". Di fatto arrivare alle 70 partite che potrebbe giocare il City (più la Spagna...) sarebbe un qualcosa di fuori categoria. L'aumento degli infortuni è esponenziale, la stanchezza anche, di un gioco sempre più veloce e povero tecnicamente. La realtà è che il troppo stroppia. Extrema ratio, cosa potrebbe fare Infantino? Decidere di sospendere la competizione per il "bene degli atleti" e rimandarla più in là, magari al 2027 o al 2029. Ma è una di quelle cose che, se succedono, poi non vengono riproposte almeno per un bel periodo.
Prima o poi la FIFA e la UEFA saranno in piena lotta di potere fra di loro. Finora sono stati organismi distinti, ma se vuoi giocare un'altra competizione Mondiale forse quelle Europee devono essere limitate. Oppure addirittura quelle nazionali. Si vedrà, ma è chiaro che mancano sempre meno anni a quando il nodo arriverà al pettine, dopo avere parato (per ora) il colpo della Superlega. Cosa faranno i club se la competizione dovesse non giocarsi? Alcuni saranno contenti, soprattutto i più ricchi, perché potranno riposarsi. Quelli più poveri - come l'Al Ain - ne chiederebbero conto e forse riceverebbero qualcosa. Anche perché, di fatto, cosa può fare un club di terza o quarta fascia contro chi gestisce il calcio? La risposta sarebbe semplice: niente, è la FIFA che ne ha il monopolio. "È il calcio bellezza".
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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