Dalla Sacilese al Mezzocorona passando per una toccata e fuga all'Opitergina. Panchine non di primissimo piano, ma chi le ha occupate potrà raccontare ai posteri di avere assistito al lancio in grande stile di un collega un po' più illustre: Marcello Lippi. Stefano De Agostini, tappabuchi dai polmoni inesauribili e fratello d'arte dai piedi molto meno sensibili del talentuoso Gigi, nell'Atalanta edizione 1992/93 assolse egregiamente a un compito già scritto di tappabucchi di lusso. 26 presenze, da mediano o centrocampista di fascia, vissute spesso da subentrato speciale nelle fasi stracche della partita, quando magari c'era da correre, fare da frangiflutti davanti alla difesa o spazzar via la palla senza troppi complimenti. Oppure, dal primo minuto, passando attraverso una successione di numeri da far perdere la trebisonda: maglia numero 4, 8 o 11, sempre abile e arruolato come un soldatino ligio alle consegne.

Nato a Tricesimo il 25 ottobre 1964, il De Agostini minore - in tutti i sensi - compie come il fratello il proprio apprendistato al calcio nell'Udinese. Emerge dalle categorie inferiori - Tarcentina e Pordenone - riuscendo a raggiungere prima la Serie B con la Reggiana, poi la Serie A con il Napoli. Passa quindi all'Atalanta, dove nonostante la massiccia presenza di giocatori nel reparto di  mezzo - Alemao, Bordin e Minaudo su tutti, più l'altro trottolino Magoni - riesce a ritagliarsi un certo spazio contribuendo al settimo posto finale. Da lì, nella Dea che pendeva dall'istinto da cacciatore di gol di Ganz e dalle invenzioni di Perrone e Rambaudi, la carriera del futuro ct della Nazionale avrebbe spiccato il volo: l'anno successivo fu Napoli, poi toccò alla Juve e alla gloria.

Non così per il bravo ed educatissimo Stefano, destinato a rientrare subito nei ranghi di un curriculum anonimo. Smessi i panni del jolly all'ombra della Maresana, per lui c'è la Cremonese, per poi scendere nuovamente nel campionato cadetto con la maglia del Venezia. Conclude in Serie D alternandosi tra Trento e Forlì. E come condottiero? Partito dall'Azzanese (squadra di Azzano Decimo, nel pordenonese), mette insieme qualche buon risultato alla Sacilese, riuscendo a far ottenere alla società la storica promozione in Seconda Divisione, dopo aver raggiunto nello stesso anno le semifinali della Coppa Italia Serie D. A luglio del 2010, dopo una sofferta salvezza, l'esonero. Il primo febbraio di quest'anno, la nuova chance a stagione in corso alla guida dell'Opitergina, sempre tra i semiopro, esperienza chiusa da una concente retrocessione. A questo giro, l'accordo con i trentini. In alto i calici: atalantini lo si rimane per sempre. Anche quando si è ballato una sola stagione.

Sezione: Auguri a... / Data: Mar 25 ottobre 2011 alle 10:00
Autore: Simone Fornoni
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