La notizia della settimana non è De Ketelaere all'Atalanta, Arnautovic all'Inter, il probabile arrivo di Berardi al Sassuolo. È l'idea dell'Arabia Saudita di chiedere una wild card alla UEFA per una sua squadra. Ci sono alcune domande superficiali che si possono fare. Uno: perché far giocare una squadra araba una competizione europea? Due: per chi vale il Fair Play Finanziario? Tre: perché club con la stessa proprietà ora hanno la possibilità di disputare le competizioni? La due e la tre sono strettamente collegate: a luglio Ceferin ha di fatto sdoganato che club "parenti" - dove parenti significa che sono detenuti dalla stessa testa - possano affrontarsi fra di loro. Come per Lipsia e Salisburgo, fatta la legge trovato l'inganno. Qui non c'è nemmeno inganno, è stato semplicemente sorpassato dagli eventi e dalle scelte di chi decide. Succederà nella stessa misura con il fair play finanziario, qualora ci dovesse essere reale bisogno. Anche perché, come spiegato più volte, così non serve a niente. Forti con i deboli, deboli con i forti, perché la UEFA vuole perpetuare se stessa come tutti gli organismi politici del pianeta, FIFA inclusa. Quindi se la UEFA volesse inserire una squadra araba (o più) allora abolirebbe il Fair Play Finanziario. Oppure, come nella "Fattoria degli animali" di Orwell, ci saranno animali con più diritti e altri con meno.

Quindi la domanda vera che si deve porre chiunque è: quanto costa la UEFA? Ha un tariffario? Perché è indubitabile che un'intrusione del mondo arabo porterebbe quella dimensione che oggi non ha sul piano calcistico. Una partita fra Al Hilal e Al Shabab rischia di fare una quantità minima di spettatori. Stiamo vedendo ora, in diretta, alcune partite del campionato arabo. L'atmosfera è pari a quella di quando giocava il compianto Chievo Verona, cioè uno stadio vuoto per larga parte che si riempiva solo quando c'era il match di cartello contro la big. La stessa cosa del Sassuolo, più in generale. Bello? Brutto? Sassuolo e Chievo meritavano (e merita, ancor oggi, la squadra neroverde) di stare lì per meriti sportivi. Vincono campionati, arrivano in Serie A, investono. Certo, la bellezza di un San Nicola strapieno è un'altra cosa, ma la questione stadi è sempre centrale perché il pubblico è parte integrante dello spettacolo. Tornando all'argomento precedente: vero che sobbarcarsi trasferte intercontinentali ogni una-due settimane sarebbe stressante, ma dall'altra parte la UEFA regalerebbe il calcio europeo all'Arabia ancora di più di ora. I giocatori in questo momento vanno tutti lì, ma lo spettacolo è quello che è, anche perché ci importa più di un Manchester United-Liverpool o di un Al Ahli-Al Nassr?

È una questione di posizionamento. Il Manchester City è diventato importante dopo 15 anni di sforzi e ha vinto la Champions così, assumendo una dimensione globale perché tutti guardano la Champions. Tutti vogliono vedere i migliori al mondo, sì, ma c'è un brand dietro. Non si costruisce da un giorno all'altro, nemmeno con il PSG: fra Qatar, collaborazioni con Jordan, etc... Chissà quanti soldi spesi per arrivare a fatturare neanche un miliardo all'anno. Sono investimenti e va bene, ma qui la UEFA deve capire se la sua vita ha un prezzo oppure no. Certo che lo ha, però c'è la possibilità di lottare per la propria sopravvivenza oppure regalare tutto. Perché all'inizio è una wild card, il secondo passo è quello di consegnare il pacchetto in mano a chi offre di più, sebbene la stessa UEFA sia un'associazione no profit. Chi ha i benefici vuole continuare a mantenerli, come visto con la Superlega. Lì però era un'alzata di testa di alcuni club che rivendicavano qualcosa per censo, qui la visione di un gruppo di ultrabilionari che possono comprarsela, la UEFA, sempre che sia in vendita. In realtà è già successo di fare entrare agenti esterni perché fanno comodo alla UEFA, che rompono i dettami del Fair Play Finanziario, salvo poi magnificarne i proprietari. Come successo con Al Khelaifi, ora presidente dell'ECA. Vuol dire che i quattrini contano e non poco.

Attenzione però, c'è un altro scenario, attualmente assolutamente inventato, che potrebbe insorgere. Gli arabi decidono di diventare registi di una lega globale, con vari club nelle varie zone del mondo, magari con delle Conference in pieno stile l'NBA. Campionato per decidere chi arriva ai playoff, spettacolo puro. A quel punto, investendo nei club molto più di quanto la UEFA è disposta a fare, prendendo le migliori delle varie zone, più garantire alcuni ingressi "meritocratici" per i campionati regionali. Esempio: Real Madrid, Barcellona, Siviglia e Atletico Madrid per la Spagna avrebbero posto assicurato. Inter, Milan, Juventus, Napoli, Roma o Lazio per l'Italia. Bayern Monaco, Borussia Dortmund, Lipsia per la Germania. Porto, Benfica e Sporting per il Portogallo. Boca Juniors, River Plate, Independente per l'Argentina. E via così. Creando tre-quattro conference da 16-18 squadre che poi portano alle finali intersecando tutti e dando premi di base per lo sviluppo Mondiale per i campionati regionali che potrebbero fungere da UCLA, campionato dei college. E inserendo ovviamente un girone con i club arabi, magari misto con qualche europee. A quel punto non servirebbero nemmeno i campionati nazionali per le squadre con le wild card, perché l'NBA del calcio ingurgiterebbe tutto. No Fair Play. Nessuna limitazione se non magari un salary cap e un grande campionato globale, con la possibilità per chi vince lo Scudetto "regionale" di giocare la nuova Coppa Campioni Mondiale. Così la UEFA diventerebbe non più il centro del mondo, ma la periferia dell'impero. Lo scenario è assolutamente inventato, ripeto. Ma non ci vorrà molto che prima o poi qualcuno ci pensi.

Sezione: Calciomercato / Data: Ven 18 agosto 2023 alle 00:23 / Fonte: Andrea Losapio - TMW
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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