A Salerno ha lasciato un pezzo di cuore pur avendo giocato all'Arechi per pochi mesi e in una stagione contraddistinta da una triste retrocessione. Lui, però, fu tra i pochi a guadagnare la stima e gli applausi della tifoseria, con quattro gol di pregevole fattura a referto e tantissime prestazioni fatte di cuore, carattere e cattiveria agonistica. Proprio da Salerno è partita una grande carriera che lo ha visto indossare - tra le altre - maglie prestigiose come quelle di Atalanta, Lazio e Juventus. Un difensore fisicamente forte, a tratti insuperabile, devastante nel gioco aereo e che ha fatto per davvero la differenza in serie A. Appese le scarpette al chiodo, Guglielmo Stendardo sogna di ripetere lo stesso percorso in veste di allenatore. Dopo un triennio molto positivo alla guida della Luiss, in Eccellenza, l'ex centrale granata è in procinto di ultimare il corso a Coverciano e avrà tutti i titoli per guidare un club tra i professionisti. Magari in serie A. La redazione di TuttomercatoWeb.com ha avuto il piacere di intervistarlo telefonicamente per parlare di passato, presente e futuro
Partiamo da questa nuova avventura professionale...
"Da settembre sto seguendo il corso Uefa Pro a Coverciano, assieme ad ex calciatori del calibro di Del Piero, Pinzi, Abate e Parolo. Un'esperienza molto formativa, che senza dubbio mi aiuterà nel mio percorso di crescita. Il corso terminerà tra tre settimane, poi ci sarà la tesi. L'obiettivo è quello di allenare tra i professionisti, pur consapevole che essere stato un buon giocatore non equivalga automaticamente ad essere un bravo mister. Ce la metterò tutta per ritagliarmi uno spazio importante, sono una persona ambiziosa e so dove voglio arrivare. Sono reduce da tre annate positive in Eccellenza con la Luiss, culminate con un terzo posto in campionato e una finale di coppa Italia".
Che tipo di allenatore sarà Guglielmo Stendardo?
"Un mister flessibile, pronto a trasmettere ai giocatori il bagaglio tecnico, tattico e umano derivante dalla mia esperienza pregressa. Al giorno d'oggi è fondamentale sapersi adattare al materiale umano a disposizione, al contesto e alle risorse. Il lavoro sul campo dipende da tante componenti. La bravura di un allenatore, a mio avviso, risiede nella capacità di trasmettere le proprie idee e i propri concetti nel rispetto delle caratteristiche dei calciatori. Importante è anche la lettura del momento, perchè la strategia di gioco può e deve variare in base alle peculiarità dell''avversario, al risultato, al tipo di gara".
E' d'accordo con chi dice che, al giorno d'oggi, un bravo allenatore deve essere anche un ottimo psicologo?
"L'aspetto mentale conta molto, la gestione del quotidiano e degli eventuali conflitti all'interno di un gruppo fa la differenza. Nel passato la componente psicologica è stata troppo sottovalutata, oggi invece uno staff tecnico si avvale di figure professionali come il mental coach che sono determinanti e possono dare un grosso contributo. Un allenatore deve lavorare su tanti aspetti. Quello mentale viaggia di pari passo con la parte tattica, atletica e tecnica".
Lei è stato un difensore arcigno, concreto, molto forte in marcatura. Una sua squadra la immagina con queste caratteristiche o è favorevole alla costruzione dal basso che tanto divide oggi l'opinione pubblica?
"Anche in questo caso uso il termine "dipende". Se hai a disposizione giocatori forti tecnicamente e con una certa personalità, allora puoi attuare la cosiddetta costruzione dal basso. C'è bisogno, nel caso, di un portiere bravo con i piedi, di due difensori centrali abili in fase di possesso, di due terzini che sappiano entrare dentro al campo creando superiorità numerica e di una capacità collettiva di palleggiare, aggredire per recuperare palla e occupare gli spazi. Se, però, le caratteristiche non ti consentono di giocare in questo modo, può essere utile ed efficace anche scavalcare il centrocampo e affidarti a centravanti come Toni o Ibrahimovich bravissimi nella difesa della palla. La strategia, ribadisco, dipende dal materiale umano a disposizione".
Veniamo alla sua ex Salernitana. Un commento su questa annata disastrosa...
"I numeri schiacciano le parole, i fatti sono sotto gli occhi di tutti e ribadire quali siano state le problematiche avrebbe poco senso. Ormai il campionato è finito, ci sono stati una serie di errori che hanno dato un grosso dispiacere a una piazza appassionata come quella granata. E' nelle difficoltà, però, che si possono creare delle grandi opportunità. Iervolino è un imprenditore capace, intelligente, che aveva prospettato cose importanti per Salerno e per la Salernitana. Fossi in lui, investirei ancora in infrastrutture e nel settore giovanile per creare una base di spessore. Poi è ovvio che una tifoseria come quella della Salernitana merita di lottare per una immediata risalita, pur sapendo che ripartire dalla B è difficilissimo"
Infine un suo ricordo dell'esperienza a Salerno...
"Sono stato lì appena 4 mesi, ma è una piazza che ti resta nel cuore. Purtroppo arrivai a gennaio con una situazione di classifica già compromessa e sappiamo tutti come sia andata a finire. Io, però, riuscii a ritagliarmi uno spazio importante dopo aver giocato poco con la Sampdoria. Da lì è partita la mia carriera, devo tanto alla Salernitana e la seguo sempre con affetto".
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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