Ci sono tante storie nell'Atalanta che ieri sera ha giocato - e perso - la sua Supercoppa Europea a Varsavia. Una competizione che una italiana non giocava dal 2010, cioè da quando l'Inter perse contro l'Atletico di Madrid di Simeone. Prima ancora era stato il Milan a vincerla, a Siviglia, nel 2007. Una partita nel ricordo di Antonio Puerta, morto poco prima. Stavolta, fortunatamente, il tema del dibattere era Koopmeiners, la Juventus, il braccio di ferro con i nerazzurri. C'è l'offerta, come per Matt O'Riley, quando si sbloccherà il danese ecco che Koop potrà vestire il sospirato bianconero.
La prima storia da raccontare è quella di Mario Pasalic. Che di Koopmeiners ha preso il posto nella finale, anche perché Scamacca era infortunato e quindi gli ha lasciato uno slot in attacco, Retegui è arrivato troppo presto. E forse contro chi è nettamente più forte di te serve più equilibrio. Pasalic è stato considerato l'ago della bilancia, cercando di rappresentare proprio quello. Un po' davanti e un po' indietro, a schermare Tchouameni e a fare una corsa in più per il compagno. Non ha la stessa qualità di Koopmeiners, è evidente, però nella sua carriera atalantina ha segnato 53 gol, non male per un centrocampista che, di solito, non è nemmeno titolare fisso.
Poi quella di Berat Djimsiti, che ha chiesto un po' di tempo per valutare un'offerta dell'Al Rayyan, salvo poi rifiutarla. Rimane a Bergamo per giocarsi la Supercoppa, poi la Champions League, poi la Serie A, la Coppa Italia e via dicendo. Quando i soldi non sono tutto e lo sport ti dà ancora la voglia di vincere qualcosa, anche con una piccola squadra che di fronte al Real Madrid barcolla, ma va a un passo dal cambiare il risultato per prima con la traversa sul cross di De Roon, con Courtois immobile. Djimsiti è arrivato da signor nessuno, è andato in prestito due volte a Benevento e Avellino, salvo poi rimanere quasi per caso a Bergamo, alzando anche l'Europa League al cielo con Hateboer e De Roon.
Ecco, l'olandese è stato sfortunato. Niente finale di Europa League, niente Europeo. Era andato via dall'Atalanta per finire al Middlesbrough, quando i nerazzurri vendevano per cercare un pareggio economico, è tornato poco dopo anche se le prestazioni avevano portato anche l'interesse del Manchester United. Era capitano in pectore pure quando la fascia al braccio ce l'avevano gli altri, come il Papu. Forse non sarà un'icona a Bergamo come lo è stato Stromberg, negli anni ottanta, ma non andiamo poi così lontano.
C'è quella di Charles De Ketelaere, gioiello di un'estate di Milan, svenduto poi senza nemmeno troppe remore un anno dopo. Ademola Lookman, che negli ultimi mesi ha fatto un salto di qualità straordinario, difficile da giudicare a occhio nudo. Forse la partita con il Bayer Leverkusen gli avrà dato anche qualcosa in più. Sead Kolasinac, braccetto di sinistra dopo una vita da esterno a sinistra, Matteo Ruggeri, cresciuto sin da bambino con il nerazzurro addosso, Davide Zappacosta che ha fatto il giro largo per poi tornare. Juan Musso, contestato da tutti, oppure Ederson, mai messo sul mercato: il Newcastle lo voleva a gennaio scorso, non c'è stato nemmeno il tempo per mettersi a sedere.
Due le menzioni speciali. Isak Hien e Gian Piero Gasperini. Il primo ha dovuto marcare Mbappé nella sua serata di esordio, il suo gala. È entrato con le cattive, si è fatto richiamare dall'arbitro, poi ha preso le misure. Il tecnico, poi, non è una sorpresa. Ma sembra quasi che le difficoltà le passi giocando. Certamente il calciomercato lo disturba, così come i suoi giocatori. Come Koopmeiners, al quale ha teso un ramoscello d'ulivo. Perché è quasi certo che con lui sarebbe stata una partita diversa e sarà una un'Atalanta diversa. L'ottimismo però non mancherà: d'altronde nel corso degli anni se ne sono andati Gomez, Ilicic, Muriel, Zapata, Kessie, Hojlund e tanti altri.
Tutto questo per dire che le storie dell'Atalanta non reggono nemmeno per un istante di fronte a Kylian Mbappé. Vincitore di un Mondiale a diciannove anni, da protagonista, con un gol in finale. Poi c'è Vinicius Jr, uno dei principali candidati per il pallone d'oro. Così come Bellingham. L'operaio è Carvajal, che però all'ottantaseiesimo correva dietro a Lookman lanciato verso la porta e lo recuperava. La sfida, insomma, era impari. Poi bisogna giocare, ooi c'è la partita. Vinta dal Real Madrid dei suoi campioni, salvati dal solito straordinario portiere che risponde al nome di Courtois. La parata su Pasalic è una meraviglia, un intervento che si può paragonare a quanto visto contro il Liverpool, nella finale di Parigi del 2022. Lì servirono più miracoli, qui ne basta uno. Perché da lì in poi è un monologo blanco, Musso para tutto quello che può, quello che non può finisce in porta per il 2-0 merengue.
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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