La conferma con asterisco di Pioli, la partita a scacchi Giuntoli-Allegri (con decisione già presa), il pasticcio della sala Var, il “noi” di Inzaghi, il tifo di Conte per l’Inter. E la sentenza di Real-City
Ué, saluti a tutti. Qui analizziamo fatti e fatterelli che hanno caratterizzato questa settimana e imbastiamo strampalate previsioni che verranno quasi certamente smentite da altri fatti e fatterelli che, puntualmente, racconteremo settimana prossima generando un circolo viziosissimo di puttanate colossali e infinite.
Si comincia.
Juve e Allegri hanno già deciso tutto, ma non se lo possono dire l’una con l’altra. La Juve (o meglio, Giuntoli) ha già scelto di cambiare, vuole Thiago Motta e sa che dall’altra parte il tecnico è disposto ad ascoltare, ma deve far finta di nulla per evidenti motivi (la stagione bianconera può ancora portare un trofeo). Allegri invece è chiaramente sfiancato dalla sua esperienza, ma non può dire “a giugno levo le tende” perché deve preservare un preziosissimo anno di contratto. In ogni caso il destino è segnato. Ed è giusto così per tutti, società e pure tecnico.
Anche Antonio Conte è in fase di trattativa. Con il Napoli, tra l’altro. Il club di De Laurentiis, rifiutato nel recente passato, è attualmente l’unica opzione per l’ex ct (almeno in territorio tricolore). Resta viva una timida speranza Milan, attualmente congelata per l’ottimo rendimento di Pioli. Motivo per cui l’uomo di Lecce sta temporeggiando: il Diavolo è una speranza che passa dai risultati rossoneri in Europa League e nel Derby, il Napoli una possibilità concreta.
È giusto parlare di Var, signore e signori. La classe arbitrale italiana dispone di una rarissima abilità: riesce a far sembrare “cattiva” la tecnologia applicata al calcio, laddove invece dovrebbe essere benedetta. La celebre trasmissione “Open Var” ci ha permesso di comprendere che taluni errori di campo sono determinati dalla debolezza del varista di turno, incapace di far prevalere il suo giudizio e, anzi, felice di compiacere l’arbitro di turno come il fantozziano Calboni con il mega direttore Catellani.
L’ultimo caso è clamoroso. Rosso a Krstovic in Milan-Lecce, in sala Var pensano che l’arbitro abbia dato il giallo e spiegano perché ha ragione; poi si accorgono che il fischietto ha estratto il rosso e... va bene lo stesso. Caso simile in Bologna-Frosinone, con Saelemaekers questa volta solamente ammonito. Del resto in campo c’è Orsato, impossibile dargli torto. Bah.
Il delegato Aia presente a Dazn giustifica tutti, siamo noi che non capiamo. Ed è possibile, per carità, ma allora provate a spiegarci meglio come funziona il tutto, altrimenti continueremo a sentirci presi per il mulo.
Evviva la tecnologia, evviva anche gli audio finalmente resi pubblici, ora serve solo un filo di umiltà in più.
Abbiate pietà, due righe su Inzaghi. Che bellezza la sua Inter, non tanto per la vittoria - pur preziosa - di Udine, quanto per l’attitudine mostrata dal gruppo nerazzurro. Funzionano tutti dal primo all’ultimo e il merito va equamente diviso: proprietà, dirigenti, allenatore, squadra, staff. Ecco, l’allenatore. In un mondo in cui tutti dicono “io faccio, io vinco”, Inzaghi si limita al “loro”, al massimo al “noi”. Una dimostrazione di umiltà che è anche prova di grandezza. È una sviolinata? No, è la verità.
In fondo segnalo la classifica stilata da Forbes sui proprietari più ricchi nel mondo del calcio:
1) C. Slim, 93 mld di dollari (18° uomo più ricco al mondo) - Real Oviedo.
2) F. Pinault, 40,4 mld (28°) - Stade Rennais.
3) D. Mateschitz, 34,7 mld (37°) - RB Lipsia.
4) R. Hartono, 24,2 mld (61º) - Como.
5) M. Hartono, 23,1 mld (65º) - Como.
Gli altri "italiani"
11) R. Commisso, 8 mld (322°) - Fiorentina.
12) D. Friedkin, 6,4 mld (432°) - Roma.
16) Fam. Saputo, 4,3 mld (734°) - Bologna.
17) R. Rosso, 3,7 mld (871°) - Vicenza.
Ecco, io non so se il Como riuscirà a salire in Serie A, ma se dovesse riuscirci, ne vedremo delle belle.
Ultimissima quisquilia, buttata là dopo aver assistito a Real-City 3-3. Ebbene, questa partita spiega alla perfezione perché, oggigiorno, gli allenatori non si possono più limitare all’idea del “portare punti” e buonanotte. Chi resta ancorato a quel caposaldo è destinato a restar fuori da un calcio che è entrato in un’era diversa chiamata “intrattenimento”. Può non piacere, per carità, ma il processo è clamorosamente innescato e irreversibile.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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