Variamo il nuovissimo format (non è vero) “dieci cose in ordine sparso” che durerà molto a lungo (solo questa settimana). Buon divertimento (impossibile).
Via.
1) Pallone d’Oro
Il Pallone d’Oro è come il gatto spiaccicato in tangenziale: lo guardi anche se ti fa schifo. Tutti diciamo “Non ha più senso” e “dovrebbero chiuderlo” ma poi se premiano un nostro calciatore ce la tiriamo moltissimo. In genere trionfa sempre il virgulto che ha vinto più trofei o quello che ha fatto più gol. Questa volta, invece, hanno premiato Rodri. E hanno fatto bene. Cioè, se il senso dell’ambaradan è “deve vincere il più forte”, lo hanno trovato. Son gusti, per carità, ma che gli vuoi dire alla spagnolo? Sul Real che non si presenta a Parigi, invece, stendiamo un velo pietoso: “essere vincenti” è cosa per pochi, “saper perdere” è per pochissimi.
2) Rinvio Bologna-Milan
Sul rinvio di Bologna-Milan ognuno ha la sua idea, quella del sottoscritto è che si è trattato di una roba ridicola, sbagliata, moltissimo italiana. E qui non c’entra tanto la scelta del sindaco (le motivazioni sono troppo serie per essere messe in discussione), semmai la reazione del “Palazzo” (leggi Lega). Una Lega seria registra l’impossibilità di giocare a Bologna, la accetta, sceglie uno stadio alternativo, trova un modo per garantire i quattrini previsti agli alluvionati e fa giocare la partita. Se l’obiezione è “Ma così il Bologna avrebbe fatto ricorso e lo avrebbe anche vinto” significa che viviamo in un sistema che non ha alcun genere di autorità e, quindi, totalmente da rifondare.
3) Milan-Napoli 0-2
Una cosa sul Milan e una sul Napoli.
Quella sul Milan: d’accordo le eventuali ragioni tattiche e (forse) comportamentali, ma tra Okafor e Leao ci sono due pianeti di differenza. Tener fuori il tuo miglior giocatore un’ora contro una squadra ben messa in campo come il Napoli è puro masochismo.
Quella sul Napoli: Conte sa fare ordine, è bravo a mettere tutti al loro posto, in più riesce a far rendere i giocatori per quello che valgono e forse anche di più. Il fatto che la sua squadra sia in testa pur avendo espresso solo parte del suo potenziale è un segnale chiarissimo al campionato.
4) Spettacolo vs. Calcio
Il 4-4 di Inter-Juve ha aperto il dibattito: è stato un grande spettacolo o una mezza porcheria? E anche qui siamo ai gusti personali. E, quindi, ecco qui la nostra perdibile opinione: lo spettacolo c’è stato eccome, raramente in Italia abbiamo assistito a una roba del genere. Ci siamo divertiti per 90 minuti, bravi, bene, bis. Poi però tocca parlare di “calcio” e, il calcio (almeno da un punto di vista tattico), è un’altra cosa. Non può esserci un tecnico a cui non sia venuto un principio di ulcera dopo aver registrato cotanta quantità di errori, scelte sbagliate, distanze astronomiche, raddoppi in marcatura mancati. È stato un grande spettacolo e speriamo di vederne ancora, ma il calcio “fatto bene”, domenica, non ha transitato al Meazza.
5) C’è chi ha accusato l’Inter di “arroganza”, “mancanza di fame” e “appagamento misto a supponenza”. Boiate. L’Inter contro la Juve ha banalmente peccato di ingenuità. Ha cercato in tutti i modi il quinto gol, non lo ha trovato. A quel punto avrebbe dovuto provare a “spegnere” la partita e, invece, ha insistito. E si è stancata. Ha perso le distanze. Ed è stata punita. Inzaghi deve azzerare le ingenuità e deve farlo subito, ma la sua squadra continua a funzionare (18 conclusioni l’altra sera) e “la fame” c’entra una fava.
6) Grottesco a Roma
La situazione a Roma rasenta il grottesco. E non pensiamo solo a una società che esonera un tecnico (De Rossi) fresco di rinnovo triennale. E non pensiamo solo alla scelta di cacciare una bandiera, pur in assenza di motivi realmente significativi. E non pensiamo solo al disastro gestionale delle ultime settimane. Pensiamo, soprattutto, alle non-decisioni di questi giorni, con un tecnico virtualmente rigettato dal suo stesso spogliatoio e dal suo ambiente (suo malgrado, Juric ha responsabilità relative) e una proprietà che non riesce ad ammettere il suo errore e va avanti lungo una strada a fondo cieco. Raramente avevamo assistito a un tale scempio gestionale.
7) Motta con Gatti
C’è chi rompe le balle a Motta perché prende le decisioni che prende. Qualcuno lo accusa di cattiva gestione delle risorse e “non si tiene fuori Gatti”. Se c’è una cosa che Thiago Motta ha dimostrato nei suoi primi mesi da tecnico bianconero è di avere totale controllo della sua forza lavoro. In attesa di ritrovare i suoi giocatori più importanti (da Koop in giù) ha già mostrato una delle sue doti più grandi: riuscire a dare un valore a tutti, sempre se se lo meritano.
8) Riecco Balotelli
È tornato Balotelli. Per qualcuno è bello così, per qualcun altro è tutto tempo sprecato perché Mario era e sarà sempre incorreggibile. Da queste parti pensiamo in realtà che il “non più” ragazzo sia anche maturato. Cioè, non è tanto una questione di comportamenti, ma di tenuta fisica e capacità a 34 anni di reggere i ritmi della Serie A. Su quello abbiamo tanti dubbi e siamo pronti ad ammettere eventuali errori di valutazione. Di sicuro l’approccio mediatico di Marione è stato intelligente (poche parole e testa bassa).
9) Totti e fantasie
Se abbiamo dubbi sulla tenuta di Marione a 34 anni, figuriamoci cosa possiamo pensare di Totti a 48. Stiamo parlando di un fenomeno e ben lo sappiamo, proprio per questo speriamo davvero che non intenda intaccare il suo passato da gigante del pallone.
10) Matilde Lorenzi e lo sport
Ci ha lasciato una promessa dello sport. In pochi la conoscevano, tutti però hanno sentito il peso di questa perdita. Perché era una ragazza. Perché è stata travolta dalla maledetta sfortuna. Perché è pazzesco pensare che sia lo sport la causa di così tanto male. Un abbraccio virtuale enorme a chi ha avuto la fortuna di incrociarla lungo il suo cammino.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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