Il derby d’Italia con più gol nella storia (eguagliate le 8 reti del 1932, improponibile parlare di quello del 1961 da 10 gol ma con la Primavera in campo) sarà stato sicuramente spettacolare, ma ovviamente lascia gli interisti con la sensazione di sconfitta e non solo per i 2 punti persi. Ma per la doppia controrimonta, la seconda da doppio svantaggio, e contro una squadra che aveva più problemi di cambi e certamente meno esperienza e qualità. A proposito di cambi, inutili le critiche sugli eventuali errori di Simone Inzaghi, perché erano tutte sostituzioni obbligate: Zielinski aveva finito autonomia, Asllani non ne aveva, doveva entrare Darmian per Dumfries ma Dimarco ha chiesto il cambio, e soprattutto Pavard aveva senso uscisse perché ammonito contro Yldiz che l’avrebbe puntato senza il supporto di Dumfries, meno ordinato difensivamente.
Il calcio non è un’equazione esatta, spesso ci si concentra sulla evidenza più facile anche se non veramente comprovante, quando la realtà è più complessa e sfumata.
E nel caso dell’Inter, guardando a quanto successo con Monza, Genoa, Udinese, Juventus, Torino, la realtà si è riproposta sistematica. L’Inter gioca meglio degli altri e di molto, crea più occasioni degli altri e di molto (12 a 8 contro la Juventus), concretizzerà anche meno ma questo fa parte del gioco, ma quello che è improponibile e incomprensibile è come praticamente sistematicamente gli avversari mantengano una folle media di 1 gol fatto ogni 2 occasioni create.
Può non essere travolgente e implacabile come l’anno scorso l’Inter, è umano. Ma non può essere tornata all’incapacità di gestire il vantaggio, di anestetizzare le partite, di cambiare marcia all’interno del match quando serve, addormentando i ritmi e alzandoli a proprio piacimento.
Sembra l’Inter di due anni fa, che in verità giocava ugualmente bene ma si sfilacciava nella fase difensiva, esponeva la difesa agli uno contro uno, non stringeva le linee facendosi prendere in contropiede pur essendo in confortevole vantaggio, come anche successo contro la Juve.
E’ la testa quella che comanda, quindi in senso lato è sicuramente un problema di concentrazione, o sufficienza, per sentirsi troppo superiore. Cattiveria ecco, quella che invece l’Inter aveva avuto per andare con voracità a ribaltare da 1-2 a 4-1. Ma nel concreto? Le linee strette, più basse, schermare la difesa, non concedere spazi a costo di rinunciare ad occasioni. In definitiva, tornare ad avere la maturità di capire il momento della partita in cui serve controllare, e piegare gli avversari con l’inerzia.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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