Quando Rasmus Hojlund si è infilato tra le maglie della difesa della Lazio, quando Dean Huijsen ha concluso da lunga distanza con una meravigliosa parabola col Foggia, quando Jakub Kiwior ha giocato le ennesime gare di grande valore con lo Spezia per poi esser ceduto all'Arsenal per fior di milioni, quando Kvicha Kvatarskhelia e Kim Min Jae dimostrano da subito di essere due colonne da Scudetto, quando Malick Thiaw ha la capacità di inserirsi e di bloccare alle prime in rossonero Harry Kane, quando Morten Hjulmand si dimostra un faro capace di illuminare Lecce, il concetto è riassumibile in poche parole. Il valore inestimabile di un comparto scouting di valore, capace non solo di riconoscere i giocatori bravi, perché di quelli è pieno il mondo, ma di individuare quelli giusti per il proprio allenatore, per il proprio progetto, per il proprio futuro. Quelli capaci di sposarsi al meglio con la società per cui lavorano.
Siamo un campionato di passaggio
La verità è che le grandi d'Italia stanno faticando a capirlo, ma siamo un campionato di passaggio. Quella che gli inglesi definiscono una 'selling league'. Non deve essere una diminutio se in questo troviamo valori e virtù. Che senso ha, oramai, andare a strapagare grandi campioni che altrove hanno fallito, o hanno già dato tutto, o che sembrano non avere più gli stimoli per diventare decisivi, invece che puntare su prospetti da mercati alternativi, o giocatori al grande salto della carriera in Italia o all'estero? Il ritorno di Romelu Lukaku, quello di Paul Pogba, giusto per citare tre nomi, sono l'esempio di una strada che forse non dovremmo più battere con questa insistenza. O almeno non come se fosse l'unica, l'Italia come rehab dei grandi vecchi o di giocatori che nelle migliori d'Europa non trovano spazio ma che da noi brillano. Già questo è una diminutio del nostro progetto, dunque meglio costruirseli in casa, per creare valore tecnico e tattico, e pure per venderli, aprendo un circolo virtuoso, no?
Il fondamentale lavoro dei protagonisti dietro le quinte: i talent scout
In questo le società italiane stanno dando sempre troppo poco spazio a quelli che dovrebbero davvero essere i protagonisti del mercato. I talent scout. I capi osservatori. L'esempio migliore che possiamo dare è quello del Napoli: Cristiano Giuntoli è lo straordinario collante di tutto il progetto, l'uomo forte scelto da Aurelio De Laurentiis e hanno una fiducia sconfinata in Maurizio Micheli e nel suo staff di scout. E' da lì che nascono le missioni internazionali di Micheli per andare a scovare, conoscere, studiare, scoprire e decidere su Kim, su Kvicha, tutto finalizzato poi in una scala decisionale che ora funziona a meraviglia. Perché la Juventus si è chiusa a riccio su operazioni che economicamente avrebbero appesantito solo i bilanci, senza spingere ancor di più su un'arma straordinaria come il comparto scouting guidato da Matteo Tognozzi? Matias Soulé, Samuel Iling jr, Dean Huijsen, sono solo tre esempi dei tanti conti in banca portati n bianconero. E il Milan? Ricky Massara è uno dei più profondi conoscitori del calcio internazionale e insieme al suo staff ha costruito una rete che è andata a scegliere la Francia come terra primaria dove pescare. I frutti sono chiari e cristallini, così come è e sarà il lavoro della Roma di protagonisti che, come molti dei sopra citati, poco o quasi mai compaiono nele cronache. Mauro Leo, Enrico Paresce, Jose Fontes, sono gli uomini a cui i giallorossi si stanno affidando per costruire le basi del futuro. Con José Mourinho è inevitabile puntare su profili pronti subito ma al contempo, con lo sguardo al domani, la Roma ha sviluppato sempre di più il comparto scouting. Un altro esempio straordinario è l'Atalanta: con la guida dei Percassi, il lavoro di Tony D'Amico, che è un ds di quelli a cui le luci della ribalta non piacciono ma che preferisce scouting e talenti, è sempre più valorizzato. Hojlund ne è la summa e al suo fianco anche l'operato di Lee Congerton è stato importante nel prendere Ademola Lookman. I giocatori giusti nel progetto giusto, per l'allenatore giusto. Ancora: Pantaleo Corvino ha costruito un Lecce straordinario grazie alle sue inesauribili energie e intuizioni nello scouting, in prima squadra e in Primavera. Pietro Accardi si è dimostrato ancora una volta vertice perfetto per il reparto mercato di un Empoli dove ogni ingranaggio funziona nel modo giusto, e i risultati lo dimostrano. Ancora, la capacità di rigenerarsi continua del Sassuolo, che ha Davide Cangini a operare nella ricerca continua del talento, oppure il fatto che Riccardo Pecini, in passato, è riuscito a prendere per un totale di 3,5 milioni, insieme, Milan Skriniar e Jakub Kiwior dallo Zilina.
La rivoluzione parta dal talento
Gli esempi non mancano, anche in molte altre squadre non citate, anche se in troppi ancora danno poco valore e importanza a una risorsa che l'Europa ha mostrato e dimostrato essere fondamentale. Non è un caso se le inglesi, pur inondando il mondo di milioni e milioni, hanno acquistato a genaio giocatori con una media età di 23 anni e il Chelsea, miliardario, per 20,8 ani. Il futuro è nei giovani ma in quelli giusti, non nel talento preso per questioni amicali, di vicinato, di convenienza. A ciascuno il suo, allora: un allenatore con delle idee chiare, trasmesse alla proprietà. Un budget definito, un progetto cristalino, messo in mano al direttore sportivo. Un ds capace di tener legate tutte queste componenti, parte tecnica, vertici presidenziali e comparto economico, con una fiducia cieca nei suoi scout, nei suoi osservatori. Il Napoli insegna.
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