Ospite del 'Festival di Trento' organizzato dalla 'Gazzetta dello Sport', l'allenatore della Salernitana Filippo Inzaghi ha parlato a lungo delle sue radici e della sua carriera: “Sono cresciuto con dei valori grazie alla mia famiglia, con Simone abbiamo vissuto un’infanzia bellissima. Sono molto triste di quello che sta accadendo nel calcio italiano adesso. Ho pensato che personalmente prima di arrivare in alto ho dovuto fare tanta gavetta. Ma quella vera. Non guadagnavo quasi niente ed invece ai giovani di oggi dopo cinque partite bene vengono offerti contratti e ingaggi assurdi che non sanno nemmeno gestire. A Leffe vivevo in una stanza con 3 compagni, andavamo al campo con una macchina e dividevamo le spese e non giocavo nemmeno nei primi quattro mesi. Ma non ho mai mollato, ci ho sempre creduto. E non erano sacrifici perché in fondo si giocava a calcio. I sacrifici sono altri. Prima di arrivare al top ho dovuto sgomitare tantissimo. Prima la Juventus e dopo il Milan, un sogno che avevo da bambino e che si è avverato. Io ho fatto di tutto per alimentare e provare a realizzare il mio sogno. Il primo gol fatto in Europa fu una roba bellissima, aver raggiunto e battuto il record di Gerd Müller una cosa stupenda.
Segnai con il Real Madrid partendo dalla panchina e avevo con me due maglie celebrative. I miei compagni mi presero per pazzo ma poi ho avuto ragione io. Mio fratello Simone è più bravo di me in tutto ma già dai tempi in cui giocavamo a calcio in mansarda, a casa, e il camino era la nostra porta immaginaria. Mio padre ci diceva sempre di smetterla ma noi continuavamo sempre. Un’altra porta bellissima era il garage di casa dove giocavamo con un altro nostro amico che crossava e noi tiravamo al volo. Adesso sfido tutti a trovare un ragazzo che gioca sotto casa con un garage. Il mio obiettivo ora è far avvicinare i miei figli allo sport qualunque esso sia. Perché aggrega, insegna valori e regole”.
Poi in un altro passaggio: "Entrai la prima volta a San Siro nel 1983 per un Mundialito. Ma l’emozione più bella fu quando tornammo a casa io e Simone: per la felicità, nel cuore della notte, andammo a svegliare nostra madre per raccontarle tutto di quella giornata indimenticabile. L’ultima da calciatore a San Siro invece nel maggio del 2012. Io però nonostante i 39 anni pensavo di stare ancora bene. Fu bello segnare appena entrato, alla prima palla toccata, sotto la mia curva e successivamente essere premiato per le 300 presenze da Galliani. Ed allora decisi che comunque era meglio chiudere in questa maniera. Dopo qualche mese iniziai ad allenare gli allievi del Milan, mio fratello invece già guidava quelli della Lazio. Quando allenavo a Venezia e mancava qualcuno entravo e giocavo anche io e facevo anche tanti gol".
Inzaghi ha poi ricordato la magica notte di Atene: "E' un luogo magico. Alla vigilia non stavo bene, solo Carlo Ancelotti poteva credere in me e farmi giocare. Ero stirato, ho giocato in condizioni critiche. Faccio un gol con l’attacco alla linea del fuorigioco, un mio gol. Poi quella palla che rotola, non l’ho presa benissimo, ma fu apoteosi vera. Non ho dormito per 10 notti di fila. Nelle due Champions League vinte i gol che reputo più importanti però sono quelli segnati nei preliminari”
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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