Tutti si ricorderanno l'ex centrocampista di Prato che ha vestito la maglia dell'Atalanta dal 2010 al 2012 Leonardo Pettinari. Con la Dea vince un campionato di Serie B nella stagione 2010-2011 e milita in un campionato di Serie A nella stagione 2011-2012.
Con la maglia dell'Atalanta colleziona 18 presenza segnando due reti. Non uno dei titolarissimi ma quando entrava in campo dava sempre il suo contributo a centrocampo. Dopo le due stagioni a Bergamo viene ceduto in prestito al Varese per la stagione 2012-2013. Dopo aver giocato sei partite è costretto a fermarsi perchè gli viene riscontrato un problema al cuora.
L'estate successiva torna a Bergamo perché termina il prestito con la società lombarda. Il problema al cuore più precisamente ha una cardiomiopatia aritmogena (la stessa patologia che causò la morte di Piermario Morosini), il calciatore decide allora di rescindere il contratto che lo legava all'Atalanta ritirandosi dal calcio giocato.
Ecco un estratto dell'intervista di Pettinari rilasciata alla Gazzetta dello Sport
"Quando mi hanno detto che non avrei più potuto giocare a calcio, mi sono sentito soffocare. Poi ho guardato negli occhi mia moglie Giusy, la mia famiglia, gli amici più cari, e mi sono sentito fortunato. Fortunato di avere ancora una bella vita e di avere in cielo qualcuno che ha deciso che io non dovessi fare la stessa fine di Morosini".
LA MALATTIA - "Grazie alle risonanze magnetiche a cui sono stato sottoposto nell’ultimo anno e mezzo è stata trovata una cicatrice, cioè tessuto adiposo, sul ventricolo sinistro, compatibile con una cardiomiopatia aritmogena. E’ la patologia di cui soffriva pure Morosini, ma nel mio caso resta il dubbio, una diagnosi definitiva non c’è. Gli altri esami sono negativi, anche l’elettrocardiogramma e lo studio elettrofisiologico. Ho spedito le cartelle anche a Cleveland e in Francia, ma non c’è stato modo di ottenere l’okay per il ritorno in campo. E non posso operarmi. Il primo campanello d’allarme l’avevo avuto nel giugno 2011, pochi giorni dopo la vittoria del campionato di B con l’Atalanta. Mi sentivo strano, inspiegabilmente stanco. In ospedale mi hanno trovato le onde T negative, ma dopo una notte in osservazione la situazione si è normalizzata. Sono andato in ritiro e gli esami erano okay. Poi, a novembre, in allenamento, ho avuto un attacco di tachicardia di venti secondi. E pochi mesi dopo – giocavo a Varese – tre in una settimana. Ero terrorizzato e grazie al dottor Giulio Clerici non sono stati sottovalutati i sintomi. Il medico del club è stato fantastico, ha continuato ad aiutarmi anche quando sono andato via da Varese. Solo la risonanza magnetica ha evidenziato il problema e mi è stata sospesa l’idoneità. Ho fatto ricorso, ma a gennaio 2013 è stato respinto. La risoluzione del contratto con l’Atalanta è stata l’atto conclusivo della mia carriera di calciatore".
LA FAMIGLIA - "La mattina della sospensione ho informato subito mia moglie. Stava provando l’abito da sposa ed è scappata dal negozio in lacrime. E’ un fotogramma che mi resta impresso, nel momento più bello della nostra vita è arrivata la mazzata. Ma il matrimonio è stato una fortuna, mi ha aiutato a reagire, a considerare i valori della vita. Io ho trascorso la mia infanzia in una frazione di Prato, La Querce, e nonostante il calcio mi abbia portato lontano sono riuscito a continuare a coltivare le amicizie più vere. Per la gente del paese ero motivo d’orgoglio, ero un idolo. Ora mi sono riappropriato di un pezzo di infanzia, ho ripreso in mano la vita dai rapporti umani. Questo mi ha dato forza. Devo ringraziare una persona, in particolare: mio nonno Renzo. Il mio primo tifoso. E’ la persona che ha sofferto di più per me, ma voglio regalargli ancora tante gioie, anche se con un ruolo diverso nel calcio".
Sono cresciuto con valori forti e sono credente. Nell’ottobre 2011 sono andato a Medjugorje con Giusy, genitori e suoceri, Tiribocchi e sua moglie Gloria. Pochi mesi dopo mi è stato diagnosticato il problema al cuore e a me piace pensare che quella visita mi abbia aiutato. Nella sfortuna sono stato fortunato, ho potuto intervenire in tempo, Morosini no. Vedere Piermario morire in campo è stato un colpo tremendo. Era dell’86 come me, lui aveva fatto la trafila nel vivaio dell’Atalanta e io nella Fiorentina, da ragazzini siamo stati avversari. La sua storia è simile alla mia. In più, quando ha avuto il malore sapevo già dei miei problemi. Dopo la morte di Piermario altri giocatori sono stati fermati. Forse è un caso, ma per me la sua morte ha costretto tutti a essere più rigorosi nei controlli"
Autore: Matteo Mongelli / Twitter: @mongellimatteo
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