Ottavio Bianchi (Brescia, 6 ottobre 1943) , l'uomo dietro la mitica vittoria dello Scudetto del Napoli nel 1987, è una figura che ha sempre diviso le opinioni. "Essere amati da tutti? Impossibile. Ma ho sempre seguito il mio percorso", afferma l'allenatore bresciano, che ormai da cinque decadi considera Bergamo la sua casa ai microfoni de L'Eco di Bergamo

Ma Bianchi non è solo Napoli e Maradona. La sua eredità al calcio italiano si estende ben oltre. Prendiamo, ad esempio, la sua avventura con l'Atalanta. In un periodo cruciale per il club nerazzurro, quando affrontavano la minaccia della retrocessione, fu lui a rispondere alla chiamata e a portare la squadra alla salvezza. La pressione era palpabile, come lui stesso ricorda: "Il messaggio era chiaro: 'Dobbiamo risalire, o il club potrebbe collassare'".

Ma non è stata solo una questione di salvataggi e vittorie. Bianchi aveva l'occhio per individuare talenti emergenti. E il suo fiuto gli ha permesso di scoprire Roberto Donadoni, che sarebbe diventato uno degli esterni più influenti del calcio italiano. "Vedevo qualcosa di speciale in lui fin dalle giovanili. Tutto ciò di cui aveva bisogno era una guida. Ho fatto in modo che Smidaro si prendesse cura di lui, e il resto è storia", riflette l'allenatore.

Eppure, nonostante i successi e i trofei, Ottavio Bianchi rimane umile. Anziché concentrarsi sulle sue glorie del passato, preferisce sottolineare la sua filosofia di vita. "Mi considero fortunato. Ho vissuto facendo ciò che amavo, in un mondo dove molti sono imprigionati in lavori che non amano", confessa.

Il calcio è, senza dubbio, grato per tutto ciò che Bianchi ha portato al gioco. E mentre si prepara a celebrare il suo 80° compleanno, possiamo solo augurarci che continui a condividere le sue saggezza e le sue storie con tutti noi.

Sezione: Altre news / Data: Gio 05 ottobre 2023 alle 10:44
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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