Prende la parola Gravina: "Sabato con Spalletti abbiamo parlato di un nuovo capitolo della storia azzurra e quella di oggi è un'altra bellissima giornata. Uno dei più grandi monumenti della squadra azzurra, della nostra storia, torna finalmente a casa. Dal 1° settembre Buffon è il nuovo capo delegazione. Come avevo preannunciato in occasione della presentazione di Spalletti, questo ruolo rientra nelle prerogative del presidente Federale e sono particolarmente orgoglioso di poter dare il testimone a Buffon per tantissime ragioni. In termini di coerenza, sabato ho parlato di orgoglio e appartenenza, ho parlato di identità. E Buffon è un professionista con 214 convocazioni e 176 presenze in Nazionale, un record. La sua presenza in questo ruolo è emblema di grandissima coerenza: la maglia azzurra Buffon ce l'ha come seconda pelle, è una componente fondamentale nella sua vita. Quando Buffon stava pensando di smettere col calcio l'avevo già contattato, poi lui molto deciso e testardo nelle sue scelte ha voluto continuare e ha scelto di continuare a fare il calciatore a Parma. Poi ha deciso di smettere e siamo tornati alla carica e Gigi ha accettato questo nuovo ruolo. Quando Buffon ha accettato ha nominato due persone a noi molto care: Vialli e Riva. Con Vialli abbiamo condiviso quattro anni e ci ha dato una grande lezione di vita, mentre con Riva nel 2006 abbiamo vissuto momenti straordinari. Chi conosce i principi della nostra gestione sa i nostri valori a cui diamo risalto. Molte volte diamo peso al prezzo, ma ci dimentichiamo del valore. Ringrazio Gigi per aver accettato questo ruolo e gli faccio un grande augurio affinché possa rientrare nell'Olimpo azzurro: lo è già come calciatore, ma con le sue qualità potrà diventarlo anche come dirigente. Per me la giornata di oggi rappresenta emozioni forti e dopo aver vissuto una estate turbolenta, non per colpa nostra, oggi sono ancora di più soddisfatto perché so che questa squadra è in mani salde tra Spalletti come allenatore e Buffon come capo delegazione. Se è vero che ognuno di noi deve fare il massimo, credo come presidente Federale con queste scelte di aver fatto il massimo per onorare la maglia azzurra".
Prende la parola Buffon: "Ringrazio chi mi ha voluto qui. Immaginare la mia figura qui è un qualcosa che mi inorgoglisce e mi stimola, mi rende un uomo felice. Torno in un ambiente che penso di conoscere abbastanza bene. Il sunto del mio ruolo è dare un piccolo contributo in quelle che saranno tutte le dinamiche che andremo a vivere in futuro".
Raccogli una eredità pesante. Che ricordo hai di Vialli?
"Il ricordo è immenso e bellissimo, avevamo un rapporto straordinario fuori dal campo. Ci scambiavamo continuamente le maglie, c'era una condivisione totale e devo dire che sarebbe sbagliato pensare di arrivare subito al suo livello. Ognuno di noi ha un proprio passato, un percorso, riesce con gli anni a darsi delle risposte che da giovane non riesci a darti. Poter venire qui cercando di riproporre Vialli sarebbe sbagliato, non sarei all'altezza. Cercherò di essere ciò che sono sempre stato che poi è il motivo per cui qualcuno mi ha apprezzato".
Nelle nuove generazioni è cambiata la considerazione di questa maglia? Questo nuovo ruolo sana il rimpianto di non aver salutato in campo questa maglia?
"Non ho rimpianti... Ancora oggi mi chiamano per fare una gara d'addio, ma a me non vanno. Io quando chiudo devo pensare al presente e al futuro, vado avanti. E' stato bellissimo e ora stop, arriva una nuova avventura. Per quanto riguarda i giovani, io credo sia molto importante la conoscenza della storia delle cose e degli ambienti in cui vai per poterli apprezzare. Io sono nato e cresciuto col mito di Paolo Rossi, di Zoff, degli azzurri del 1982 oltre ai racconti di mio padre. Quindi per me, la prima volta che ho visto Riva, è stato come vedere un monumento. I giovani li puoi aiutare in questo modo, oltre ad avere una Nazionale bellissima e vincente".
Chi ti piace tra i giovani portieri italiani?
"Negli ultimi 3-4 anni il serbatoio italiano dei portieri è cresciuto molto e ora ce ne sono 5-6 di un livello elevatissimo, senza toccare Donnarumma che è un portiere consacrato. Lui ormai se la gioca con i primi della classe mondiale. Tutti gli altri hanno fatto un percorso e stanno dando risposte importanti, a cominciare da Vicario che in Premier crescerà. Poi Provedel, Meret che ha vinto lo Scudetto. Poi anche Falcone a Lecce, Di Gregorio a Monza. Ci sono tanti portieri che stanno dimostrando di essere super affidabili e di avere qualcosa di speciale. Carnesecchi ora non sta giocando all'Atalanta ma il campionato è lungo. Provedel è stato probabilmente il miglior portiere dell'ultimo campionato e questo ci fa ben sperare dovesse avere un raffreddore Gigio".
Come è cresciuto Donnarumma? E' stato difficile smettere?
"No, per nulla. Anche perché sono arrivato a un'età che mi permetteva di prendere in considerazione questa idea. Nell'ultima stagione sono arrivato ai play-off in un ottimo stato psico-fisico e sono riuscito a farmi male... Quello è il segnale più grande che la natura potesse darmi, lì ho capito che dovevo chiudere. Nello spogliatoio a Cagliari avevo già deciso di smettere, non volevo angustiarmi per un altro anno. Per quanto riguarda Gigio, dico che l'ho visto in tv, l'ho visto parare e crescere anche attraverso degli sbagli perché dagli errori impari molto di più. Dal ragazzo che ho lasciato ho ritrovato un uomo".
Meglio Zoff o Buffon?
"Io sono l'ultimo che può e vuole rispondere a queste cose... Per me non ha senso, sono un uomo di sport e sono felicissimo di ciò che ho dato e ricevuto. Zoff resta un portiere di riferimento della storia italiana, non ci sono dubbi. Io sono stato una persona felice e tanto mi è bastato".
Avverti il rischio che il calcio italiano si senta minore?
"Non avverto questo rischio, nonostante gli alti e bassi che storicamente proponiamo. Arriviamo da una non qualificazione, ma anche da una vittoria con un certo stile all'Europeo. La verità è nel mezzo. In questi giorni poi ho avuto la fortuna di stare vicino al Presidente, al mister, al suo staff e devo dire che ho risentito parlare di concetti, di emozioni, di valori che secondo me sono imprescindibili se si vuole arrivare a un obiettivo. Ho la sensazione che l'Italia abbia trovato l'uomo giusto al momento giusto e non sto parlando di me stesso (ride, ndr)".
Questo tuo ritorno è la chiusura di un cerchio visto il sesto Mondiale mancato da calciatore?
"E' un cruccio non aver fatto il sesto Mondiale, avrei fatto qualcosa di unico nella storia. Però la vita è stata talmente benevola nei miei confronti per quello che mi ha dato e mi dà che mi ha ampiamente ripagato per quel dispiacere. Io penso di esser stato sempre un altruista e probabilmente lì da solo con sei Mondiali disputati sarei stato a disagio".
Come ti sei spiegato la mancata qualificazione dell'Italia all'ultimo Mondiale?
"Come in tutte le avventure, la verità è nel mezzo. L'Europeo è stato una magia, un obiettivo che l'Italia ha raggiunto supportata anche da 3-4 situazioni fortunate che ti permettono di arrivare a essere campione. E la non qualificazione è stata la stessa cosa, ci sono stati tanti episodi contro".
Trent'anni dopo come sono cambiate le tue emozioni nell'essere qui?
"Più che l'emozione, è il come ti senti. Io sempre per quella cultura che ti trasmette la famiglia mi sono sentito sempre come in un ambiente troppo grande per me. Non dico di non meritare, ma ho sempre avuto un rispetto e un timore reverenziale nei confronti di una entità che per me e la mia famiglia può essere qualcosa di unico. Poi durante la carriera incontri tanti campioni che magari non riescono più ad apprezzare certe cose perché perdono la dimensione e quello secondo me è il modo peggiore per continuare a vivere e approcciare questo sport. Il modo migliore è sapere di essere sempre
TMW - Hai sentito Bonucci durante questa estate difficile? C'è ancora spazio per lui in questa Nazionale?
"Ci siamo sentiti questa estate, ora devo mandargli anche un messaggio dopo l'approdo all'Union Berlino. Ha fatto una scelta ponderata, lui è abituato a lottare e a raggiungere le cose e i traguardi dandosi da fare anche tra le difficoltà. E' un qualcosa che gli va riconosciuto affrontando quest'ultima sfida coi disagi del caso, perché magari non era felicissimo di chiudere così eppure ha deciso di non mollare e questo è un insegnamento importante. Per quanto riguarda la Nazionale, sono l'ultimo a poterlo dire perché sono rientrato da dieci minuti e non ho nemmeno i titoli per poterlo fare".
Qual è stata l'Italia che ti ha rappresentato di più?
"Quella del 2006 era un'Italia solidale, altruista che si sarebbe data fino alla fine per il compagno in qualsiasi situazione. Anche quella del 2012, quando arrivammo secondi all'Europeo, ma anche quella del 2016 con Conte: non fu quella la più bella e la più forte, ma seppe emozionare la gente. E anche oggi, come ha detto Spalletti, l'obiettivo è rendere orgoglioso il tifoso di essere rappresentato da questa squadra".
Ti ha stupito la scelta di Mancini?
"Cosa volete che vi dica... Ha già parlato il presidente, il ct, è una scelta inaspettata alla quale però la Federazione ha dato delle risposte molto celeri e convincenti. Questa è la cosa che più interessa al mondo azzurro".
Cosa dirai a Spalletti per partire bene?
"Che mi toglie le parole, perché io ogni tanto dovrei intervenire... Ma uno deve intervenire quando ci sono dei vuoti, quando qualcosa non è stato detto ed è meglio ribadirlo. Ma devo dire che la completezza dei ragionamenti del ct mi porta a non aggiungere altro, sarebbe solo un ribadire e un appesantire un qualcosa che è già stato detto da lui. Con un ct così secondo me dovrò dire poco".
Quale è stato il messaggio più bello ricevuto?
"Non leggo quasi mai il telefono... Non ne ho idea. Però sono ultra felice, questa è una grande soddisfazione per me".
Autore: Redazione TuttoAtalanta.com / Twitter: @tuttoatalanta
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