Difensore coriaceo e con il gradevolissimo vizietto del gol, Carlo Cornacchia è stato tra i “fedelissimi” di Claudio Ranieri al Cagliari. In maglia rossoblù prima conquistò un’inattesa promozione dalla B e poi una sensazionale salvezza in serie A nel campionato delle grandi star internazionali: da Matthaus a Maradona, da Vialli a Mancini, da Baggio a Careca.
Allenatore con già parecchia esperienza alle spalle, oggi è in cerca di una panchina: il sogno, tutt’altro che inconfessato, sarebbe proprio quello di guidare il “suo” Cagliari, a cui è ancora legatissimo anche dal punto di vista personale.
Carlo, come giudica il campionato concluso dai rossoblù di Ranieri con una soffertissima salvezza?
“Come si dice in questi casi, bisogna baciarsi i gomiti. Tutti quanti. I tifosi del Cagliari quest’anno hanno vissuto momenti molto difficili e tormentati, ma alla fine hanno potuto tirare un sospiro di sollievo. Ha prevalso la ferrea volontà di sopravvivere in un campionato che è sempre difficilissimo da navigare, soprattutto per chi non ha le risorse economiche dei grandi club. Proprio per questo motivo l’impresa del Cagliari a mio avviso ha una valenza doppia, ed è stata merito sia dell’allenatore che dei giocatori, che hanno avuto l’intelligenza e la lungimiranza di seguire Claudio in tutto e per tutto.”
Qual è stata la caratteristica più positiva del Cagliari e quale invece la nota dolente, quell’aspetto assolutamente da migliorare in vista della prossima stagione?
“Da osservatore esterno - e da allenatore - la prima cosa che ho notato è stata la mancanza di continuità della squadra. In certi momenti il Cagliari ha viaggiato molto bene, ad esempio quando ha ottenuto i tre risultati utili consecutivi contro Atalanta, Inter e Juventus: impresa francamente del tutto inaspettata. Ecco, se avesse mantenuto quella condizione - anche mentale - per il resto del campionato avrebbe certamente sofferto molto meno e raggiunto una posizione di classifica più gratificante.
In generale, la cosa più importante per una squadra di calcio è essere costante e consistente nelle prestazioni. A volte vinci e altre no, ca va sans dire. Ma conta come si gioca, la qualità della performance. Quando perdi e in più giochi male una, due e magari anche tre volte di fila, allora stai attraversando un reale periodo di crisi. Il Cagliari ha vissuto momenti esaltanti e altri assai meno brillanti, che ha pagato - paradossalmente - soprattutto contro le cosiddette ‘piccole’.”
In questi giorni si fa un gran parlare del nodo-allenatore. Vari nomi sono stati accostati alla panchina rossoblù: secondo lei c’è un tecnico particolarmente adatto a una piazza come quella isolana?
“Beh, io non sono il presidente Giulini. Sono un allenatore e adesso sono pure senza squadra, quindi mi piacerebbe prendere io le redini del Cagliari! Per me sarebbe un sogno e sarebbe fantastico. Aldilà di questo è chiaro che i tecnici papabili sono tanti, ma non è detto che tutti siano adatti. Bisogna anche capire che forza economica la società può mettere in campo per rifare la squadra, perché il Cagliari non può presentarsi alla serie A dell’anno prossimo con lo stesso identico organico di questa stagione. A parte il fatto che diversi giocatori andranno sicuramente via, quindi dovranno essere adeguatamente rimpiazzati. In generale, la rosa andrà ripensata. Da questo punto di vista è fondamentale che la dirigenza ingaggi il prima possibile il nuovo allenatore, perché sarà lui a orientare la futura campagna acquisti.
Quanto al nome del tecnico, per rispetto dei miei colleghi non cito nessuno in particolare.
Piuttosto, mi auto-sponsorizzo! Io tra l’altro conosco alla perfezione la realtà e l’ambiente, dal momento che vengo ininterrottamente in Sardegna da trentadue anni. Di certo, chiunque sarà il prescelto assisteremo a una scommessa interessante: non sarà più il Cagliari di Claudio, ma qualcosa di assolutamente diverso. Il nuovo allenatore avrà sicuramente una sua filosofia, che però non dovrà assolutamente essere incompatibile con i principi fondanti della cultura calcistica cagliaritana e isolana. Insomma, il profilo giusto è quello di un mister tenace, che non molli mai, portato a badare innanzitutto al sodo. Una guida concreta e votata al lavoro e al sacrificio, così come dovranno essere tutti i giocatori che sposeranno il progetto della società.
Perché anche l’anno prossimo sarà un’autentica battaglia, come da un po’ di tempo è ormai nel destino di questo storico e glorioso club rossoblù. D’altra parte, dopo un’impresa come quella compiuta quest’anno è prevedibile e auspicabile che la squadra riprenda il cammino sull’onda dell’entusiasmo. E col vento in poppa.”
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