Simone Inzaghi e l’Inter viaggiano verso il rinnovo del contratto fino al 2028 (ma la durata è un tema). Sulle pagine de L’Interista ne avevamo parlato già da un po’ di tempo e le ultime indiscrezioni confermano una direzione chiara. La sintonia, in giorni nei quali l’Inter sogna addirittura il triplete, è massima ed è questo il presupposto da cui sono partite le discussioni per arrivare al prolungamento dell’allenatore. Di punti di partenza, però, ve ne deve essere necessariamente un altro.
Si può discutere a lungo di cosa siano stati gli ultimi anni dell’Inter. Più gioie che delusioni, ma in mezzo a tante difficoltà. I meriti della dirigenza nel gestire la seconda fase dell’epopea Suning - in cui il mercato si doveva concludere a saldo zero se non positivo - sono stati enormi e non vanno per nulla sottovaluti. Allo stesso tempo, però, è lo stesso management nerazzurro a considerare fondamentale il peso dell’allenatore nelle fortune di una squadra. Dimenticato lo scudetto finito al Milan nella prima stagione, la differenza in questi mesi l’ha fatta soprattutto Inzaghi.
Anche dei giocatori dell’Inter si può discutere a lungo. Ce n’è qualcuno - Darmian, Acerbi o Mkhitaryan i casi più eclatanti - che non voleva praticamente nessuno. Ce ne sono altri - Dimarco in copertina - che prima di Inzaghi erano considerati al massimo buone riserve. Thuram è arrivato a zero e non era un bomber, Calhanoglu idem e non era un regista. La lista dei calciatori migliorati negli anni è molto lunga, come pure quella dei trofei. La verità è che l’Inter, sotto la gestione di Inzaghi, è diventata una big europea in una fase storica nella quale - giova ripeterlo: al netto degli enormi meriti della dirigenza - era ben lecito attendersi tutto il contrario. Il fuoriclasse sul rettangolo verde - nella gestione, per carità, lo sono anche i dirigenti -, quando le cose vanno così, siede in panchina.
È questo l’assunto da cui partire nelle negoziazioni per il rinnovo. Riconoscere il peso specifico dell’allenatore nelle future dell’Inter, in vista del cambio di passo - annunciato anche da Marotta - che ci sarà sul mercato. Le linee guida delle proprietà si discosteranno da quelle vissute finora, a Milano arriveranno più che altro giovani e mantenere la competitività non sarà scontato: con i ragazzi non è facile vincere, serve tempo. In un contesto del genere, Inzaghi può e deve far valere i suoi meriti: bene una linea più verde - che non è stato finora il suo pane quotidiano -, ma senza mollare il colpo. E la durata (nell'ultimo rinnovo si discuteva del 2027 e si firmò per il 2026, oggi il tecnico ha tutto il diritto di spendere il proprio maggior potere contrattuale per arrivare al 2028) Perché è chiaro a tutti: a Inzaghi oggi si chiede di vincere tutto, anche se non è per niente scontato, anzi. Glielo si chiederà anche domani, perché è lui che ha portato l’Inter lì: è giusto, visto anche quanto il suo lavoro sia apprezzato all’estero, che chieda e ottenga garanzie sportive. E non solo.
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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