Signore e Signori siamo in regime di Pausa, chi segue le minchiate scritte dal sottoscritto ben sa quale sia la sua concezione dell’interruzione forzata. Ma ne parliamo in fondo a codesta articolessa. Il resto è contorno che andiamo a servirvi con un avvertimento che poi è sempre lo stesso: non abboccate alle fanfare della sosta.

In regime di sosta si trasformano le piccole crisi in tragedie, le tragedie in apocalissi, i buoni momenti in celebrazioni e le ottime fasi in “siete il Brasile di Pelé”. In più c’è un contorno agghiacciante di facezie mercatare che metà bastano (e son quasi tutte false come una foto del sottoscritto dal parrucchiere).

Ma, veniamo a noi.

Delle problematiche juventine sapete già quasi tutto, ne parliamo da settimane. La fase del “però, occhio, magari le cose si mettono a posto e la vetta non è poi così lontana” è passata e ora resta solo da capire cosa accadrà. Il qui presente ha sempre difeso il buon Motta e crede ancora che sia un ottimo tecnico, ma non può far finta di non vedere che la situazione sia decisamente compromessa. Sta sbagliando, Thiago, perché non ha dato certezze ai giocatori, né in campo (troppi ruoli “girevoli”) e nemmeno fuori (poca empatia). Insomma, se l’è giocata male. E uno dice: perché allora non cambiano? Per molti motivi, ma due in particolare: 1) è difficile trovare qualcuno che accetti di guidare la carrozza solo per queste 9 giornate con l’incombenza di dover acchiappare il posto Champions, lo farebbe solo in presenza di contrattone succulento a lungo termine, cosa che i dirigenti vogliono fare con nomi che, però, attualmente sono occupati (Pioli su tutti). 2) Abbiamo scritto “dirigenti” ma la verità è che al momento il capoccia della situazione, Cristiano Giuntoli, non ha tutta questa libertà d’azione: anche lui è sotto giudizio, anche lui dovrà rispondere al termine della stagione di quel che è accaduto (investimenti, cessioni, obiettivi raggiunti e non raggiunti). Nel frattempo altre “correnti bianconere” spingono per entrare a corte, cosa affatto improbabile. Il finale di stagione in casa-Juve si gioca dentro, ma anche (e soprattutto) fuori dal campo.

Il Como ha perso con il Milan e si sono moltiplicati gli spernacchiatori: “Fabregas ha gli stessi punti del Verona, altro che grande calcio”. Ci permettiamo di essere diretti: chi pensa a codesta maniera ragiona come un australopiteco. Ai tempi del calcio degli australopitechi certi ragionamenti avevano grande senso, oggi no. Il Verona sta facendo benissimo per quel che può fare e, infatti (grattarsi dalle parti del Bentegodi) è probabile che arrivi la salvezza. Questo non significa che Fabregas non abbia meriti che solo un cieco non riesce a vedere. I punti raccolti sono meno rispetto al gioco espresso, ma la valorizzazione dei giocatori è clamorosa e il dato di fatto è che anche il Como (grattarsi in riva al Lario) si salverà. A quel punto il progetto crescerà ulteriormente - non è certo ma noialtri scommettiamo volentieri - e a quel punto vedremo se gli australopitechi andranno in giro brandendo la mazza o torneranno silenti nelle caverne.

L’Inter ha giocato una gran partita a Bergamo, una delle migliori dell’era Inzaghi, peraltro già ricca di ottime prestazioni. Come è normale che sia il giorno dopo si sono moltiplicate le indiscrezioni: “L’Inter proporrà il rinnovo a Inzaghi, vuole continuare a lungo col suo allenatore”. Cosa vera, tra l’altro, che però salta fuori solo per lo 0-2 rifilato all’Atalanta. Se Simone da Piacenza avesse anche solo pareggiato oggi leggeremmo di un tecnico “incapace di affrontare i confronti diretti” e “ancora immaturo” e altre cazzate. Ecco, Simone Inzaghi dopo quasi quattro anni in nerazzurro non deve dimostrare proprio nulla. Lo dicono i numeri (66,67% di vittorie, nessuno come lui nella storia del club), lo dicono gli occhi di chi guarda le partite e non pesa tutto in base al numero di trofei (che tra l’altro sono arrivati copiosi!). La cosa migliore che può fare l’Inter – e che farà, Marotta a tal proposito è stato chiarissimo – è prolungare la sua esperienza con un tecnico (e il suo staff, bene precisarlo) che sono cresciuti a Milano con la rapidità della pianta di bambù.

Non è finita la stagione del Napoli e nemmeno quella dell’Atalanta: chi lo pensa e sentenzia non ha ancora compreso come sta andando questo campionato, stracolmo di su e giù per tutti quanti.

A tal proposito fa specie la corsa al quarto posto Champions che prima vedeva due sole iscritte (Juve e Lazio) e ora ne vede addirittura sei. Tra queste, il Bologna impressionante di Italiano e Sartori. Italiano e Sartori sono la parte “visibile” (più Italiano che Sartori) di una struttura che funziona, ovvero una proprietà straniera che ha saggiamente capito come si fa calcio in Italia: con i manager italiani (possibilmente quelli bravi).

E infine la sosta, senza troppi fronzoli.

Amici carissimi, è iniziato “quel momento là”. Per farvi capire che valore diamo alla pausa per la nazionale, citeremo un celebre aforisma, in realtà appena inventato: “La pausa per la nazionale è un gatto nero che attraversa il campionato”. Per inciso, noi non ce l’abbiamo affatto con la selezione azzurra, ma con chi non ha ancora capito che “spezzare” il campionato vuol dire creare enormi problemi ai club per dare spazio a… boh.

Nessuno ha voglia di Nations League, nemmeno chi l’ha inventata, nessuno festeggia l’eventuale vittoria della Nations League, nemmeno il tifoso più accanito.

Guarderemo Italia-Germania per mancanza di alternative e, soprattutto, toccando ferro a tonnellate, ché il rischio serissimo è perdere pezzi pregiati nella fase più importante della stagione. Tanto, nel caso, paga Pantalone (ovvero i club).

E viva Gattuso sempre.

Sezione: Altre news / Data: Mer 19 marzo 2025 alle 11:32 / Fonte: Fabrizio Biasin per TMW
Autore: Red. TuttoAtalanta.com
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